Info Point: Chiesa Madre di S. Stefano
Sicilia - prov. di Agrigento - Santo Stefano Quisquina
Info Point: Chiesa Madre di S. Stefano
Sicilia - prov. di Agrigento - Santo Stefano Quisquina
Molto più di un semplice luogo di culto, per molti secoli ha rappresentato il centro della vita stefanese ed è tuttora il cuore di molte tradizioni care alla spiritualità del paese.
Dati del punto
Provincia: Agrigento (AG) Territorio: Monti Sicani Latitudine GPS: 37°62'30.3" N Longitudine GPS: 13°49'12.9" E - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Raggiungibilità: Molto facile Durata della visita: 02:00 h c.a. Altitudine: 696 s.l.m.Informazioni utili
Orari di apertura:
Aperta e visitabile tutti i giorni dell'anno dalle 07:30 alle 12:00 | 16:00 - 19:00.
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Tariffe: Ingresso Chiesa gratuito.
Da antichi documenti apprendiamo che in questo stesso luogo esisteva già nel XII secolo una chiesa dedicata a San Nicola, ma la tradizione tramanda che l’attuale santuario fu fondato nel XIV secolo da Federico Chiaramonte e dedicato a Santa Maria dell’Itria (corruzione popolare del titolo “Odigitria”).
Un primo restauro fu effettuato intorno al 1575 dalla famiglia Ruiz. Nel 1772 la chiesa fu ricostruita per volere di Giuseppe Emanuele Ventimiglia, principe di Belmonte, sotto la direzione di padre Ignazio Traina, eremita e architetto stefanese; il santuario fu consacrato solennemente il 4 settembre 1774 da Antonio Lanza, vescovo di Agrigento.
Negli anni ‘30 del Novecento l’arciprete Luigi Abella fa aggiungere la pavimentazione in marmo. Negli anni ‘70 e ‘80, per iniziativa dell’arciprete Antonino Massaro, vengono aggiunte le colonnine del fonte battesimale, l’altare centrale, l’ambone e fatti restaurare i quadri e gli affreschi che ornano l’interno dell’edificio. Il restauro più recente, terminato nel 2020, ha permesso di rinnovare la facciata e gli interni.
Dal 1987 la chiesa è Santuario di San Giacinto Giordano Ansalone, martire domenicano stefanese vissuto tra il 1598 e il 1634.
Il prospetto è a salienti e rende evidente la divisione interna dell’edificio in tre navate. Il portale che impreziosisce l’ingresso principale è in pietra scolpita, arricchito da teste d’angelo e rami di palma e di ulivo, ed è rialzato rispetto al livello del sagrato antistante da alcuni gradini in pietra. Adiacenti all’edificio si ergono la torre campanaria con orologio, aggiunta nel 1956 dall’arciprete Luigi Abella, e l’Oratorio delle Cinque Piaghe, di epoca settecentesca.
La chiesa ha pianta basilicale a tre navate, divise da due filari di quattro colonne con capitello dorico. La navata centrale è più lunga e più alta delle due laterali e ha copertura a botte; un tappeto in marmo rosso di Verona, che spicca sulla pavimentazione in marmo di Carrara, conduce il visitatore ad un presbiterio rialzato.
Il soffitto è decorato da un affresco dei pittori Antonio e Vincenzo Manno che rappresenta il trionfo della Chiesa e la consegna delle chiavi a San Lino (papa nel I secolo d. C. come primo successore di San Pietro). Il presbiterio termina con un’abside semicupolato e ospita l’ambone con leggio a forma di aquila, l’altare maggiore in marmo, il coro ligneo del Settecento.
Al centro del presbiterio è visibile un crocifisso in legno di cipresso, donato nello stesso periodo dal Principe di Belmonte; esso fa parte di un trittico di cui gli altri due esemplari si possono ammirare a Belmonte Mezzagno e Gratteri, in provincia di Palermo. Le pareti laterali del presbiterio sono impreziosite da due grandi affreschi dei fratelli Antonio e Vincenzo Manno: rappresentano un momento della Via Crucis e la deposizione dalla croce e colpiscono sia per la composizione delle scene che per il cromatismo di ispirazione carraccesca.
La navata sinistra è scandita dalle cappelle dei santi Calogero, Giuseppe, Antonio da Padova e Giacinto Giordano Ansalone e termina con la cappella di Santa Rosalia. Molte sono le opere che è possibile ammirare in questa navata: un quadro dei fratelli Manno intitolato La Madonna del Lume, dipinto nel 1781; la statua di San Giuseppe, scolpita nel Settecento da Filippo Pennino, famoso scultore palermitano, e un quadro, di autore ignoto, che rappresenta i patroni del paese: Santo Stefano, la Madonna della Catena e Santa Rosalia. Questo quadro, risalente al 1464, testimonia che la devozione a Santa Rosalia era attestata prima della scoperta delle reliquie avvenuta a Palermo nel 1624. La cappella al fondo nella navata ospita il busto reliquiario in argento di Santa Rosalia contenente le le reliquie ricevute nel 1625. Nella stessa cappella troviamo anche una statua della Santa in marmo di Carrara scolpita recentemente dallo scultore stefanese Lorenzo Reina.
La navata destra ospita le cappelle dell’Assunta, di Santo Stefano, entrambe del Settecento, e quella della Madonna di Lourdes. Questa cappella risale agli anni ‘30 del Novecento e rappresenta l’apparizione della Vergine Maria a Bernadette Soubirous nella grotta di Massabielle; nella parte inferiore della cappella si trova una statua di Sant’Agnese degli anni ‘40. All’inizio della navata troviamo il fonte battesimale marmoreo del Cinquecento, in cui fu battezzato San Giacinto Giordano Ansalone; al fondo invece spicca la cappella del Santissimo Sacramento, istituita nel 1600: il tabernacolo in marmo, posto su un altare anch’esso in marmo di epoca settecentesca, è arricchito da statue rappresentanti la fede e la speranza, mentre il bassorilievo sulla porticina rappresenta la carità. Guardando a destra, verso l’alto, si può notare un dipinto di grandi dimensioni impreziosito da una sfarzosa cornice: si tratta di una copia, di autore ignoto, del celebre dipinto La Resurrezione di Lazzaro, realizzato dal Guercino nel 1619 e custodito al Museo del Louvre. In passato l’opera era stata attribuita erroneamente a Ludovico Carracci.
L’imponente antiporta, che dall’ingresso principale introduce nella navata centrale, è affiancata da due lapidi monumentali che ricordano la consacrazione della chiesa dopo il restauro del 1772 e il committente del restauro, il principe di Belmonte Giuseppe Emanuele Ventimiglia, di cui vengono ricordati i numerosi titoli nobiliari e incarichi politici ricoperti presso la corte dei Borbone. In alto si notano due dipinti del pittore stefanese Federico Panepinto, vissuto nell’Ottocento: La strage degli innocenti e Il martirio di San Lorenzo. Furono realizzati nel 1855 e nel 1857 per la chiesa della Maddalena, oggi non più esistente; la prima opera è una copia dello stesso soggetto trattato dal pittore bolognese Guido Reni, rielaborata però nello stile neoclassico caro all’artista stefanese.
Nelle navate si possono ancora notare altre due opere dei fratelli Manno: nella navata sinistra San Nicolò Vescovo, a cui ancora la chiesa è intitolata, e nella navata destra Sant’Ignazio di Loyola. Alcune lapidi ricordano inoltre l’eremita Antonino Boccolari, l’arciprete Luigi Abella e il canonico Giovan-Battista Inglese.